venerdì 18 febbraio 2011

Gigante, un flop annunciato: serve una rifondazione


Dagli 'happy days' appena trascorsi, in cui Christof Innerhofer sembrava Fonzie, Peter Fill Richie Cunningham e Federica Brignone la piccola Joanie, l'Italia incassa quest'oggi una delle pagine più tristi della sua storia sciistica: nessun azzurro tra primi 15 nello Slalom Gigante iridato vinto dall'americano Ted Ligety. 17mo Manfred Moelgg, 20mo Davide Simoncelli, addirittura fuori dai 30 nella prima manche Massimiliano Blardone ed il giovane Giovanni Borsotti. Nell'ultimo ventennio il Bel Paese non aveva mai raccolto risultati così scarni nella disciplina regina dello sci alpino.
Le cause della debacle appaiono evidenti: in questo momento gli azzurri più esperti (Blardone e Simoncelli), che già nelle passate stagioni avevano sempre fallito nei grandi appuntamenti, non possono competere per le prime 10 posizioni. Il motivo? Semplice: negli ultimi anni lo sci è profondamente mutato, privilegiando la velocità e la scorrevolezza alla tecnica. E' rimasto pressoché identico, invece, il modo di sciare degli italiani, il cui gap dai grandi campioni nei tratti piani assume dimensioni sempre più imbarazzanti (Moelgg, il 'migliore' dei nostri, ha rimediato ben 6 decimi per manche negli ultimi 15 secondi del tracciato). Non si è compreso (o forse non si è voluto comprendere) che quasi sempre ai Mondiali ed alle Olimpiadi non si troveranno mai piste simili ad Adelboden ed Alta Badia: quelle sono delle grandi classiche, ma in un certo senso fini a sé stesse. In futuro, dunque, il Gigante sarà sempre più territorio di caccia di discesisti e supergigantisti, mentre gli specialisti puri diventeranno merce sempre più rara e scadente (al momento si difende solo la Francia, che ha colto uno splendido argento con Cyprien Richard, il quale, a 32 anni come Simoncelli, ha imparato ad interpretare bene i tratti di scorrimento). Dal prossimo anno, dunque, occorrerà non tergiversare molto ed operare una drastica rifondazione. Inutile dare fiducia ad atleti da sempre carenti di mentalità vincente ed ormai sul viale del tramonto, urge dare spazio ai giovani Mattia Casse e Giovanni Borsotti, dai quali, tuttavia, non si potrà prendere da subito la luna. E dunque un prezioso jolly potrebbe risultare Christof Innerhofer, le cui qualità tecniche indiscutibili potrebbero consentirgli di eccellere anche in questa specialità, soprattutto su piste come quella di Garmish. In Gigante potrebbe trovare spazio anche Giuliano Razzoli, soprattutto per allargare gli orizzonti legati per ora al solo Slalom Speciale.
E Moelgg? Merita ancora una stagione di fiducia, essendo l'unico ad aver mostrato qualche timido segnale di miglioramento: la sua disciplina principale, tuttavia, resta lo Slalom.
I trionfi di questo Mondiale, dunque, non devono nascondere la crisi di una disciplina in cui l'Italia per anni ha rappresentato un punto di riferimento per il resto del globo. In questo momento i nostri rappresentanti paiono sciare nella Preistoria: serve evolversi per tornare a respirare aria d'alta classifica.

Federico Militello

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