venerdì 19 agosto 2011

Salvagente Idem, il resto è puro anonimato


I fatti, da sempre, contano più delle parole. Eccoli.

1) La Federazione italiana di canoa da oltre un biennio ha puntato sul K4 in vista delle qualificazioni olimpiche. Le idee, va da sé, non erano così chiare sulla composizione del quartetto, tanto che il singolarista Maximilian Benassi è stato inserito a poco meno di tre mesi dalla competizione iridata che assegnava il pass a Cinque Cerchi. Risultato: quarto posto nella prima semifinale dei Mondiali di Szeged (in finale passavano le prime tre) e addio Londra 2012. Le recriminazioni del tecnico Mazzoni non reggono: l'Italia avrà pur fatto registrare il quinto tempo assoluto delle semifinali, tuttavia, se Australia e Danimarca potevano essere sulla carta superiori agli azzurri, la Repubblica Ceca era un avversario alla portata.

2) Nelle specialità olimpiche una sola atleta del Bel Paese ha raggiunto la finale, dove non solo avrà concrete chances di qualificarsi per la sua ottava edizione dei Giochi, ma anche di ambire alle prime cinque posizioni. Si tratta dell'eterna Josefa Idem, la quale, ancora una volta, ha dimostrato di saper preparare in modo impeccabile i grandi appuntamenti. Questo dato deve far riflettere: la campionessa italo-tedesca svolge per tutto l'anno degli allenamenti personalizzati, partecipando solo in rare occasioni ai raduni della nazionale: i risultati sono palesi sotto gli occhi di tutti. Se i destini delle pagaie tricolori sono ancora affidati ad una esemplare donna di 46 anni, l'unica ancora in grado di salvare la barca da una inesorabile deriva, allora il movimento ha raggiunto il massimo grado di apnea, quello immediatamente precedente all'annegamento.

3) Si è puntato tutto sul K4, rivelando una coperta spaventosamente corta. Tutti gli elementi 'migliori' sono stati schierati sulla barca ammiraglia, lasciando in pratica scoperte e non competitive imbarcazioni come il K2 (sulla quale, ora, si cercherà di ripiegare in vista dell'ultimo biglietto olimpico in palio agli Europei di Duisburg nel 2012).

4) Riccardo Gualazzi ha disputato il primo Mondiale in carriera nel K1 500 a 25 anni. Secondo i tecnici doveva fare solo esperienza. E' lo specchio di una realtà desolante: non si ha fiducia nei giovani, lasciati al loro destino dopo i successi nelle categorie giovanili e fatti debuttare in età molto più avanzata rispetto alle altre potenze europee.

L'elenco di questi fatti, in teoria, dovrebbe portare quanto meno gran parte degli organigrammi tecnici e dirigenziali a presentare le proprie dimissioni alla Federazione. Sarebbe un atto di lealtà, una presa di coscienza di aver fallito in toto il proprio incarico.
In attesa di Michele Zerial nel K1 200, la canoa italiana, ancora una volta, si affida alle imprese epiche della sua leggendaria campionessa. Purtroppo, però, fino a 60 anni non potrà gareggiare.
E dopo?

Federico Militello

2 commenti:

  1. Condivido pienamente tutti i punti dell'elenco. A questo punto non mi meraviglierebbero altri fallimenti pure nei K1 200 perché evidentemente nel mondo della canoa italiana si ritiene sempre di essere inferiori agli avversari.
    Quando non si fa altro che dire: "Ma l'Ungheria è troppo forte", "Ma la Germania ha tanti praticanti", "Ma prima c'era solo l'URSS ora ci sono Russia, Bielorussia, Ucraina, ecc.", "Ma adesso c'è più concorrenza, c'è la Cina, c'è il Brasile", il risultato non può che essere questo: auto-relegarsi nelle retrovie...
    Gabriele

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  2. Non bisogna pensare agli altri, ma a sé stessi. Se Zerial si qualificasse, insieme alla Idem sarebbe da medaglia a Londra (vedrete cosa farà Josefa). Per il resto mi auguro che almeno Benassi ed un K2 (Facchin-Scaduto?) si riscattino agli Europei.

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